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Siamo stati tra i primi paesi a scegliere la via dell’integrazione degli alunni con disabilità in scuole e classi regolari.

SOSTEGNO / Gli allievi della speranza

La strada da percorrere è l’eliminazione del numero chiuso delle università per l’accesso ai corsi di specializzazione.

SOSTEGNO / Gli allievi della speranza
  • 10 Gennaio 2023
  • E’ un mondo strano quello della scuola italiana: punta di diamante per esperienze innovative, per metodi e esperienze, e al tempo stesso incapace di credere di essere punto di riferimento in Europa.
    Parliamo di inclusione scolastica: siamo stati tra i primi paesi a scegliere la via dell’integrazione degli alunni con disabilità in scuole e classi regolari (se avere fino a 31 alunni per classe si può ancora definire classe regolare).

    Oggi l’Europa ci guarda e non ce ne accorgiamo. Due esempi: la Spagna, la più vicina a noi, ha un sistema misto in cui però ancora un terzo degli alunni è inserito in scuola speciali o in classi differenziali. La Germania dove, ancora due terzi degli alunni con disabilità, sono inseriti in scuole speciali.

    La nostra scuola ha iniziato l’inserimento negli Anni ’70 (superamento delle scuole speciali) per poi passare negli Anni Ottanta all’integrazione (Commissione Falcucci: “non esistono bambini non educabili”) e arrivare all’inclusione degli Anni Novanta (Legge 104/92); da questa legge in poi la normativa italiana è stata considerata la più avanzata d’Europa.

    Di pari passo la nostra scuola ha iniziato a pensare, e a formare, docenti che potessero permettere l’inclusione di questi alunni. La prima norma che li prevede è del 1975 e anche quest’ultimi sono cresciuti professionalmente con il crescere delle normative sull’inclusione.

    Nella nostra scuola abbiamo quindi una normativa d’eccellenza e un docenti specializzati per il sostegno che questa normativa mettono in atto.
    Così dovrebbe essere, ma così purtroppo non è: la normativa c’è, ma mancano i docenti.

    Mancano i docenti e non perché non ci siano gli aspiranti, ma perché i corsi per abilitarli, gestiti dalle università, sono a numero chiuso e quindi specializzano un numero di insegnanti per anno accademico notevolmente inferiore alle richieste della nostra scuola.

    La proposta della Uil Scuola Rua, fatta all’allora Ministro Bussetti e ripetuta poi ai ministri che si sono succeduti, di restituire la formazione degli insegnanti specializzati è chiara: va eliminato il numero chiuso delle università per l’accesso a tali corsi in modo da garantire insegnanti con titolo ed evitare i viaggi della speranza all’estero.

    Solo così si può dare una risposta concreta ad una esigenza sempre più evidente, limitando, il più possibile, che l’alunno con disabilità sia assegnato ad un docente senza titolo o che lo stesso docente si rechi all’estero per conseguirlo cadendo nella morsa della speculazione.

    Intervenire su questo terreno significherebbe modificare strutturalmente un sistema che non funziona più, garantendo stabilità al personale interessato e continuità didattica agli studenti.

    È evidente che per farlo c’è bisogno di forte volontà politica e di risorse.
    Siamo così laicamente convinti delle nostre proposte, che pensiamo si possa smettere di parlare di viaggi della speranza e parlare, invece, di studenti della speranza: speranza per loro perché allievi in un sistema capace di garantire, con tutti gli insegnanti specializzati, una effettiva inclusione.
    Speranza per la nostra scuola perché pronta ad una visione larga del suo effettivo valore.
    Speranza per i docenti che credono nel loro lavoro e vogliono farlo, con soddisfazione, senza dover attendere anni.

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