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OCSE / La grande fuga degli insegnanti

Siamo arrivati al paradosso che le scuole potrebbero chiudere per mancanza di personale.
Nel Regno Unito, in Inghilterra in particolare, il 40% dei docenti lascia entro i primi dieci anni di carriera.
In Francia, al concorso annuale per il ruolo, 4.000 posti sono rimasti vuoti. In Germania, nella sola regione della Renania-Nord Vestfalia, alla ripresa mancavano all’appello 4.400 insegnanti. In Svezia si stima di dover formare circa 153.000 docenti per sostituire chi lascia a qualsiasi titolo da qui al 2035.

OCSE / La grande fuga degli insegnanti
  • 10 Gennaio 2023
  • È buffo come, alcune categorie più di altre, vengano dipinte in modi totalmente diversi a seconda del fine che si intende perseguire. Gli insegnanti sono una di queste: raffigurati oggi missionari completamente dediti a far sbocciare i propri studenti, domani burocrati impegnati ad eseguire rigidamente scialbe routine.  

    Alla base di questo sbilanciamento verso l’una o l’altra tesi c’è spesso la rinuncia di una parte dell’opinione pubblica a voler accantonare le proprie esperienze negative in fatto di scuola, e analizzare con oggettività la professione docente da ogni punto di vista.

    Primo fra tutti, l’insostituibile ruolo che la scuola pubblica e gratuita ha giocato nell’ultimo secolo nell’ascesa sociale ed economica delle classi più umili. Così, fra gli attacchi di alcuni media e la delegittimazione da parte dei propri governi con conseguente perdita anche di riconoscimento economico, in quasi tutti i Paesi occidentali i giovani, e anche i meno giovani, fuggono dalla carriera docente.

    E non ci si faccia ingannare dai casi, come quello italiano, in cui gli aspiranti ad una cattedra sono ancora moltissimi, tra cui per fortuna numerosi animati da autentica passione per questo lavoro. Molti laureati da noi, infatti, o emigrano o si devono ‘accontentare’ e l’insegnamento diventa un’opzione accettabile.

    Ce lo ha detto anche l’OCSE qualche anno fa, che il nostro mercato del lavoro è ancora troppo legato ai mestieri poco qualificati. Ma nei Paesi come la Norvegia, i Paesi Bassi, la Germania, dove il mercato del lavoro offre belle soddisfazioni a chi si laurea (in qualsiasi disciplina), i giovani fuggono dall’insegnamento per i motivi citati precedentemente.

    Le aspettative nei confronti degli insegnanti sono alte, le condizioni di lavoro sono peggiorate, gli stipendi sono più bassi di quelli che si percepiscono a parità di titolo di studio in altri settori. 
    La ricerca e la sperimentazione pedagogica in classe è diventata impossibile a causa di orari spezzati, classi affollate, pile di documenti da riempire.

    Siamo arrivati al paradosso che le scuole potrebbero chiudere per mancanza di personale.
    Nel Regno Unito, in Inghilterra in particolare, il 40% dei docenti lascia entro i primi dieci anni di carriera.
    In Francia, al concorso annuale per il ruolo, 4.000 posti sono rimasti vuoti.

    In Germania, nella sola regione della Renania-Nord Vestfalia, alla ripresa mancavano all’appello 4.400 insegnanti. In Svezia si stima di dover formare circa 153.000 docenti per sostituire chi lascia a qualsiasi titolo da qui al 2035.

    Qualcuno fa spallucce e pensa di rimediare assumendo personale non qualificato, altri spalancano le porte al privato, rendendo così di fatto l’istruzione un privilegio e non più un diritto umano. Con buona pace dell’obiettivo di sviluppo sostenibile n.4.

    Noi pensiamo ancora che una soluzione al problema del precariato è dovuta a migliaia di persone, che una prospettiva di stabilità professionale vada tracciata in un reclutamento praticabile e equo, e che la professione docente debba essere retribuita per il valore che ha. E lo stiamo dicendo in Europa.

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