Binocolo
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Ulisse, il richiamo delle sirene e il sindacato
Come i pesci nell’acqua in cui nuotano, siamo immersi nel flusso delle informazioni.
Viviamo continuamente esposti a opinioni e punti di vista diversi. Tra realtà e interazioni.
Costantemente circondati da una moltitudine di voci che cercano di catturare la nostra attenzione e influenzare le nostre convinzioni.
La soluzione non può essere quella di tapparsi le orecchie, come fece fare Ulisse ai suoi marinai, per evitare di ascoltare.
Siamo indipendenti, e allo stesso tempo plurali e liberi. Se vogliamo assumere un ruolo ancor più determinante per la tutela dei lavoratori, dobbiamo saper ascoltare, pensare liberamente, decidere con responsabilità.
La Uil Scuola Rua rappresenta tutti i lavoratori della conoscenza e ogni giorno si occupa di difendere i loro diritti, negoziando le migliori condizioni di lavoro e lottando per promuovere il riconoscimento che il personale merita per il lavoro che svolge.
L'ascolto e il confronto non significano necessariamente accettazione acritica. Possiamo prestare attenzione alle opinioni degli altri, anche se diverse dalle nostre, e mantenere una posizione critica, difendere le nostre convinzioni. Avere rispetto del dissenso è parte della democrazia. Come mediare, negoziare e decidere.
Insomma, come Ulisse, possiamo scegliere: ci tappiamo le orecchie oppure andiamo dritti sulla via dei nostri valori.
Io una risposta ce l’ho.
Giuseppe D'Aprile, Segretario generale Uil Scuola Rua
Migliaia di persone irripetibili
È l’uovo di Colombo. Così semplice che alla domanda, perché non si è fatto prima, bisogna rispondere per volontà politica e per divisioni di parte.
700 euro per ogni contratto da trasformare: una cifra così dimensionata da non poter credere. Tanto costa il contratto stabile di un precario della scuola; eppure, si è preferito fare cassa, alimentare le divisioni, utilizzare il personale in modo intercambiabile. È questo il danno peggiore. Si è voluto pensare che un insegnante vale l’altro. Non è così. Come ogni studente è unico, allo stesso modo ogni insegnante è irripetibile.
Sanare anni di sacrifici, di speranze, di fatiche non è facile. Trovare le soluzioni a situazioni impossibili è il compito del sindacato. È così che a furia di ripetere, riproporre, aggiustare, ritentare una proposta semplice fatta con estrema serietà è giunta a buon fine.
L’idea è di prendere le graduatorie che oggi servono per le supplenze, quelle nelle quali sono presenti docenti abilitati e docenti specializzati sul sostegno, e cominciare a fare contratti stabili partendo da lì.
Tecnicamente si chiama: scorrimento delle graduatorie.
Una fase straordinaria alla quale far seguire lo scorrimento delle fasce in cui sono presenti i docenti con almeno tre anni di servizio che, durante l'anno di formazione e prova, potrebbero svolgere anche un percorso per acquisire l'abilitazione.
In questo modo di potrebbe dare un incarico stabile – con garanzia reciproca per insegnanti e studenti di continuità e impegno – a un insegnante su quattro ora in cattedra da precario nelle nostre classi.
Scrivere il curriculum
Che cos’è necessario?
È necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.
A prescindere da quanto si è vissuto
è bene che il curriculum sia breve.
È d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e malcerti ricordi in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza perché.
Onorificenze senza motivazione.
Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.
Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio in vista.
E’ la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.
E’ con le parole di Wislawa Szymborska che apriamo questo numero speciale di Banchi di Prova interamente dedicato alle donne, alla percezione che hanno della loro esistenza, della loro figura, della loro essenza. Donne che aderiscono sempre più a loro stesse, che sanno disegnarsi, contraddistinguersi, battersi, riconoscersi.
Scegliere di vivere nel vero e non nel verosimile è la sfida di questo nuovo millennio, giovane e senza ricordi. Le storie di queste pagine raccontano che - l’ispirazione, qualunque cosa sia, nasce da un incessante “non so’ - è da questa umiltà concreta, consapevole, piena di coraggio e di slancio, che uomini e donne stanno lavorando perché ciò che facciamo, o non facciamo, determinerà che tipo di futuro ci sarà.
Un magazine on line? Come fate ad essere tra la gente se poi fate un giornale on line?
Dopo la pandemia la necessità di un contatto diretto è diventata fortissima. La relazione personale è tornata preziosa perché a rischio in un mondo di informazioni regalate.
In questo tempo diventa essenziale produrre informazioni, che sono facili da avere.
Sembra che tutti possano averle. Appartengono a tutti. Il loro valore viene regolato non dal possesso ma dall’accesso. L’ho letta pure io, la so pure io, l’ho vista prima io…
Il passaggio dal possesso all’accesso è ciò che stiamo vivendo. È la rivoluzione in atto.
Il disastro della cattiva informazione digitale è che non abbiamo più tempo per chiudere gli occhi. Non abbiamo più silenzio. Questo sistema trasforma anche l’immateriale in merce.
La cultura ha la propria origine nella comunità. Più la cultura diventa merce, più si allontana dalla propria origine. E una volta divenuta merce la comunità cessa di esistere.
E questo alla scuola non possiamo permetterlo.
Vogliamo essere dentro questo nostro tempo: dove i giornali si leggono a video, le informazioni (se buone, e se utili) si salvano col tasto destro del mouse, le parole diventano hashtag, le immagini si condividono. E ci piace utilizzare questi strumenti che ampliano le possibilità. Ci piace imparare, conoscere. Honnis soit chi per primo dice: ti ho mandato il link, ti ho girato la mail, senza spiegare, raccontare, condividere veramente. Come un adempimento.
Ecco leggiamo e poi andiamo a parlarne con le persone. Torniamo ad usare un linguaggio bello e trasparente, facciamo crescere le emozioni e l’entusiasmo.