L’ansia per il futuro dei giovani e l’importanza dei processi educativi
Uno studio offre l’opportunità di alcune riflessioni
Chi ha scelto di insegnare inevitabilmente lo ha fatto in quanto possiede una spiccata propensione e attaccamento ai processi educativi. Anche se può apparire superfluo è bene ricordare che un docente, a qualunque grado di scuola appartenga, oltre che essere un profondo conoscitore della materia che insegna è prima di tutto un educatore.
Per tale motivo, nell’esercizio della funzione docente, spesso si è impegnati a scovare tutte quelle attività, studi, atti, ricerche che possono aiutare ad una migliore comprensione della galassia giovanile, per meglio esercitare quella splendida funzione educatrice che è appunto quella di insegnante.
Un ottimo stimolo in tale direzione proviene da un lavoro di ricerca prodotto dall’associazione Italia Adozioni ricavabile dal sito www.italiaadozioni.com e risalente ad un convegno del novembre 2022 presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Uno stimolo iniziale la ricerca lo fornisce aiutandoci a capire quali prospettive hanno i giovani, come guardano al futuro, ma soprattutto comprendere come si approcciano ad esso.
Elemento, per un docente, di fondamentale importanza per svolgere al meglio l’azione educativo-didattica al fine di contribuire, per quanto gli compete, ad un approccio positivo al futuro.
Tale azione richiede inevitabilmente la capacità, da parte di chi è dietro la cattedra, di sapere trovare la chiave in grado di aprire la porta della curiosità da parte dei ragazzi. È questo il passaggio più difficile per ogni insegnate. Anche la propensione ad essere accattivanti nel trasmettere saperi è una peculiarità imprescindibile, unita alla dovuta autorevolezza, da parte di chi esercita la funzione educativa.
L’insegnamento, infatti, non rappresenta una semplice trasmissione di saperi, ma è costituito, nella sua essenza più profonda, dal regolare a sistema le complessità, fornendo al discente la scoperta di qualcosa che ha a che fare con il suo mondo, con la realtà di tutti i giorni.
In breve attraverso la propria disciplina il docente aiuta il discente a costituire, nel rispetto della sua personalità, la sicurezza nell’affrontare quello che la vita gli pone davanti attraverso un bagaglio culturale (che anche la scuola nel suo insieme deve contribuire a fornirgli) che lo aiuta ad essere sempre più padrone di sé stesso di fronte a quell’ansia di futuro che è sempre lì in modo inesorabile.
Per agire in tal senso è imprescindibile la necessità di avere sempre aggiornato l’orizzonte in cui operano i giovani al di fuori dalla scuola e muoversi avendo un approccio fondamentale: sono migliori di quanto lo fossimo stati noi alla loro età.
Il lavoro cui si fa riferimento contiene però ulteriori importanti elementi per leggere meglio la realtà educativa in cui si opera e tra essi un’indagine statistica attraverso un questionario, realizzato in forma anonima, composto di 46 domande rivolte a 400 ragazzi (sono stati raccolti 363 questionari validi) della scuola secondaria di secondo grado realizzatosi nelle scuole di Milano (anche se il 70% degli studenti vive fuori Milano).
È importante evidenziare anche un limite del questionario in quanto il 95% dei ragazzi che rispondono proviene dai licei. È evidente quanto la condizione degli istituti professionali e tecnici sia diversa dai licei e come tale diversità sia anche determinata dalla collocazione territoriale e dalle capacità infrastrutturali laboratoriali che variano da istituto a istituto tra regione e regione se non addirittura tra provincie di una stessa regione. Anche questo sarebbe un tema da affrontare alla luce della proposta di autonomia differenziata. Ma non è l’oggetto che si sta affrontando.
I dati che emergono dunque offrono uno spunto incoraggiante da un lato e dall’altro elementi su cui necessita lavorare per andare nella direzione descritta in relazione all’importanza dei processi educativi e dei fattori che li compongono.
Il 75% ha un rapporto positivo o molto positivo con i propri insegnanti, mentre solo il 4% negativo o molto negativo. È riconosciuta la competenza degli insegnanti: il 42% dei rispondenti li ritiene molto o completamente competenti, mentre solo il 17% li ritiene poco o per nulla competenti.
Meno incoraggiante è invece il fatto che il 22% dei rispondenti ha dichiarato di avere una motivazione bassa o molto bassa nei confronti della scuola.
E ancora, il dato su cui riflettere, tenuto ovviamente conto, come segnalato, della parzialità del lavoro statistico, è costituito dal fatto che il ruolo educativo degli insegnanti è riconosciuto molto parzialmente: il 37% dei soggetti ritiene che i propri insegnanti siano per loro anche un riferimento educativo, il 45% ritiene che lo siano “poco” o “per nulla”.
Il punto nodale – lo studio lo evidenzia molto bene – sono i processi educativi a cui sono chiamati gli insegnanti.
Questo, che ritengo essere un tema cruciale, per quel passo in avanti che il mondo della scuola deve fare, induce ad una riflessione molto semplice, ma pratica:
se ai docenti togliessimo le molteplici incombenze burocratiche a cui sono chiamati a volte per interi pomeriggi e fino alla sera e li preservassimo in un impegno più puntuale nella preparazione della lezione del giorno dopo?
Se consentissimo la dovuta ricerca di un processo di organizzazione teso appunto all’essere accattivanti nella lezione del giorno dopo e soprattutto protesi vieppiù alla trasmissione di saperi in grado di fornire ai propri alunni sempre più strumenti per affrontare al meglio il loro futuro?
Trovare gli strumenti per dare una riposta positiva a tali interrogativi aiuterebbe a concentrare maggiore attenzione verso la progettualità, potrebbe favorire una più puntuale ricerca pedagogica, ma cosa più importante favorire una maggiore attenzione al singolo discente.
Tali interrogativi risultano ancora più stringenti alla luce dei nuovi processi che si stanno mettendo in atto con le risorse del PNRR. Mi riferisco in particolare alla didattica digitale integrata, alla formazione del personale scolastico alla transizione digitale ed ecologica e ai nuovi linguaggi multimediali.
Gramsci nei Quaderni dal carcere scriveva: «Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri. Basta vivere da uomini, cioè cercare di spiegare a sé stessi il perché delle azioni proprie e altrui, tenere gli occhi aperti, curiosi su tutto e tutti».
E allora, anche questa citazione ci riconduce inevitabilmente all’importanza che i processi educativi assumono. Un insegnante, un educatore, che sa essere anche innovativo nei percorsi di insegnamento, sicuramente riesce a ridurre lo stesso abbandono scolastico oltre che rendere fortemente stimolante il lavoro in un’aula scolastica; contribuisce a tenere quegli occhi aperti e curiosi su tutto e tutti e aiuta i nostri ragazzi a gestire al meglio quell’“ansia per il futuro”.