Mattarella al World Economic Forum, la disuguaglianza di genere crea un grave danno, è un fenomeno ignobile
Sono particolarmente lieto di ricevere al Quirinale le partecipanti al Forum Economico Femminile che, per la prima volta, si tiene in Italia.
Benvenute.
I temi oggetto della vostra riflessione sono di primaria importanza.
La Costituzione della Repubblica Italiana ha affermato, con decisione, il principio della parità tra donne e uomini, con particolare sottolineatura – all’art. 37 – della necessità di tutela dell’impegno di lavoro delle donne e, insieme, della maternità.
La questione della compiuta parità è entrata, a buon diritto, tra gli obiettivi di sviluppo sostenibile al 2030 delle Nazioni Unite.
Malgrado queste come tante altre – solenni indicazioni, è un percorso sempre arduo.
In Italia il voto alle donne è stato riconosciuto soltanto nel 1946, alla vigilia della scelta repubblicana e della Costituzione.
Da allora, a buon titolo, sono state, in modo crescente, protagoniste nelle istituzioni e nella vita sociale. Diverse donne sono state Presidenti del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, della Corte costituzionale. L’Italia ha, per la prima volta, un Primo Ministro donna. Donne guidano o presiedono i consigli d’amministrazione di importanti aziende. Una donna è Presidente della Corte Suprema di Cassazione; un’altra guida l’Avvocatura dello Stato.
Il tema delle disuguaglianze di genere e del danno che queste recano alle comunità è parte fondamentale delle preoccupazioni delle istituzioni.
In occasione della Giornata internazionale della Donna si è calcolato – secondo l’ultimo studio sulla parità di genere dell’ONU – che la mancata inclusione femminile nei progressi della tecnologia trasformativa e dell’educazione digitale, nell’ultimo decennio, abbia sottratto al Prodotto Interno Lordo, soltanto nei Paesi a basso e medio reddito, un trilione di dollari Usa.
Quasi il 40% delle donne, a livello globale, si trova a non avere accesso, a non usare internet.
Una perdita di grave peso per tutta la comunità.
Uno strumento varato in Italia nel 2021, per affrontare le conseguenze sociali ed economiche della pandemia da COVID – il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – ha previsto interventi, sia sul terreno degli investimenti, sia della promozione di norme di diritto, in favore della parità di genere, insieme alla riduzione delle disuguaglianze intergenerazionali e territoriali.
Oggi, secondo il Rapporto sul divario di genere del World Economic Forum, l’Italia si colloca al 79° posto dell’indice su 146 nazioni prese in esame.
L’indice dell’European Institute for Gender Equality, invece, assegna all’Italia, nell’Unione Europea, un valore di 65 su 100, ovvero 3,6 punti al di sotto della media dell’Unione.
La strategia ambiziosa del PNRR si propone di aumentare di cinque punti, entro il 2026, la posizione nella classifica elaborata da questo Istituto. Anche per questo è decisivo che il Piano trovi compiuta attuazione.
Tutti gli indici presentano fragilità – lo sappiamo – e, opportunamente, quelli presi in esame registrano – ed enfatizzano positivamente – l’incremento in quelle aree geografiche che sono partite da risultati in condizioni peggiori.
Porvi attenzione, tuttavia, non è un esercizio sterile, perché sollecita a proseguire sulla strada della compiuta parità anche quei Paesi che hanno già percorso tratti importanti.
Nell’ambito dell’Unione europea la strategia per la parità di genere in vigore pone l’accento su tre azioni chiave.
Vorrei richiamare soprattutto quella sullo stop alla violenza sulle donne, ignobile fenomeno tuttora tristemente presente (e sabato ne ricorrerà la Giornata internazionale).
Vi si affiancano quelle sulle pari possibilità per raggiungere posizioni di vertice nel mondo del lavoro e della politica, e quella per l’adozione di una prospettiva di genere in tutte le politiche europee.
Nulla sarebbe possibile, però, senza un impegno diretto delle donne. Quell’impegno che ne ha suscitato leaders nelle rispettive comunità e ha permesso straordinari cambiamenti sociali.
Il vostro trovarvi insieme, costituendo una rete, un network, testimonia la presa di coscienza di come l’elemento femminile rappresenti una grande energia.
Vi unisce – e vi riguarda – la vostra espressa multilateralità, la vocazione all’apertura, all’ascolto, al lavorare insieme.
Non a caso, per indicare il processo di crescita che si realizza, si utilizza l’espressione empowerment: consapevolezza di essere una forza, di possedere risorse di sapienza, di avere capacità dì efficacia.
Empowerment è un motore di crescita dell’intera società; e l’impegno, le lotte delle donne – soggetto plurale della storia, è stato osservato giustamente – coincidono con l’avanzamento delle battaglie più significative.
Si pensi anche a quella per la conservazione delle risorse ambientali, essenziali per garantire il futuro. Chi vi ha sensibilità maggiore di quella delle donne?
Tra pochi giorni si aprirà a Dubai la Cop 28, e sono certo che le organizzazioni femminili sapranno farvi udire la loro voce.
Per il settembre del 2024 le Nazioni Unite hanno indetto un Summit con il proposito di riunire i leader mondiali e costruire un consenso intorno a un “Patto per il futuro” in grado di affrontare cinque capitoli:
- Sviluppo sostenibile e finanziamento allo sviluppo;
- Pace e sicurezza internazionale;
- Scienza, tecnologia e innovazione, cooperazione digitale;
- Giovani e future generazioni;
- Trasformazione della governance globale.
Sembra utopia in tempi di guerre come quelli che stiamo attraversando.
Eppure non soltanto è possibile, ma –vorrei aggiungere – non è difficile cogliere l’intreccio che esiste tra alcuni di questi temi e il ruolo delle donne. Ma se si desidera rendere attuali quegli obiettivi, occorre fare appello alla loro energia, alla loro solidità.
Pace, tutela dell’ambiente, sviluppo, educazione.
Affinché, come ha osservato più volte la Presidente del Forum, dottoressa Harbeen Arora Rai, “i sogni delle bambine siano realtà”.